Titolo opera: s.t.

Codice: 040

Artista: Mauro Malmignati (1933) - Roma -  Gruppo Minimo

Anno opera: 1974 (09/11/1974 in mostra al Brandale)

Nazione: Italia

Supporto: carta

Tecnica: serigrafia

Dimensioni: 50x70 cm. (con cornice e vetro 72x52)

Stile: pitto-bassorilievo o pitto-scultura, concettuale postmoderna (divisionismo?)

Corrente artistica: contemporanea

Stato conservazione: buono, piccola infiltrazione negli angoli bassi destra e sinistra

Ubicazione opera originale: Parma scaf 6B

Descrizione: non firmato dall’autore

 

Biografia:

Mauro Malmignati è nato a Roma nel 1933. Per molti anni Malignati ha vissuto a Vence, in Francia, ed ha frequentato CésarArmanBurri;. Ha compiuto gli studi e le prime esperienze a Roma, apprendendo le tecniche pittoriche nella bottega del maestro Renzo Marzi. Dal 1956 sì è trasferito ad Albissola Marina, luogo di incontro di grandi artisti: FontanaScanavinoMartiniBay, Fabbri, Dova, Capogrossi, Scanalino, Fontana, Lam, Manzoni, Martini, Crippa, Jorn solo per citarne alcuni, e per anni luogo di applicazione e di confronto delle teorie dell’arte. Tra gli anni settanta e ottanta ha risieduto a Vence, in Francia, e ha frequentato artisti quali Hartung, Verdè, Mansouroff, Cesar, Arman, Burri ed altri, che erano rappresentati dalla Galleria Sapone di Nizza (Francia) con la quale Mauro Malignati ha collaborato per oltre dieci anni.

Inappagato delle forme pittoriche che all’epoca facevano scuola, nella seconda metà degli anni ottanta, sì è praticamente isolato nel suo atelier di Albissola Marina impegnandosi in febbrile lavoro di ricerca e sperimentazione di nuovi materiali, capaci di esprimere la propria inquietudine e gli esiti del suo indagare sulle ragioni dell’arte e sui processi della percezione visiva.

Il modo migliore per conoscere lui e le sue opere è andarlo a trovare.

Lo studio, creato in un’oasi di pace nella villa Faraggiana ad Albisola, è piccolo ma in ogni angolo c’è la presenza della forza dell’artista. Pennelli, colori, oggetti e quadri, che hanno conosciuto le più importanti gallerie nazionali ed europee, appoggiati ai muri con la semplicità e complessità tipica degli artisti.

Un uomo che racconta la sua continua ricerca di forme espressive, attraverso l’utilizzo di materiali innovativi, dai temi più scottanti e attuali. Quadri e sculture dove la materia rimodellata apre varchi e mostra lacerazioni; superfici tese, piatte, pulite da cui affiorano punti su cui focalizzare l’attenzione. Sotto il pergolato del giardino dello studio, al fresco di un ventilatore, Malmignati parla della sua vita e di come ha incontrato la creatività. Aneddoti, incontri, episodi si fanno avanti introducendo il suo percorso originale, costellato di tappe importanti; quello che colpisce è la semplicità del racconto, come se l’artista fosse ignaro della forza del suo talento e genialità. Mauro Malignati ha esposto in varie città d’Europa e molti sono i musei che conservano le sue opere.

 

 

Mostre personali:

                                                                               

1968 Galleria Il Punto, Torino.

1969 Galleria Bloch, Innsbruk, Austria.

1970 Galleria A77, Albissola Marina.

1970 Galleria Il Punto, Torino.

1971 Galleria Bloch, Innsbruk, Austria.

1972 Galerie du Congrès, Nizza.

1973 Principato di Monaco, Francia.

1973 Galleria Centro, Brescia.

1974 Centro D’Arte e Cultura Il Brandale, Savona.

1974 Galleria Arte Tre, Genova Pegli, (GE).

1975 Galleria Il Punto, Calice Ligure (SV).

1976 Galleria Pancheri, Rovereto, Trento.

1976 Galleria Centro d’Arte, con Melotti, Fontana, Manzoni, Milano.

1977 Galleria Centro d’Arte, Milano.

1977 Galleria Willy, Bolzano.

1977 Galleria Toninelli, Milano.

1977 Galleria G, Berlino (Germania).

1977 Internazionale Arte, Colonia.

1978 Galleria G., Berlino.

1978 Centro d’Arte Antiope, Sorrento.

1978 Galleria G59, Napoli.

1979 Galerie Grey, Cannes, Francia.

1979 Galleria GS2, Caserta.

1980 Galleria GS2, Caserta.

1980 Expo Arte, Bari.

1981 Galleria Balestrini, Albissola Marina.

1981 Expo Arte, Bari.

1981 Centro D’Arte e Cultura Il Brandale, Savona.

1982 Galleria Metod, Bergamo.

1983 Museo Municipale, St. Poul de Vence.

1985 Galleria Balestrini, Albissola Marina.

1985 Expo Arte, Bari.

1992 Atrio del Palazzo Municipale (catalogo a cura del C.U.I.I. con saggio del Prof. F. Quarantotto), Savona.

 

Mostre collettive:

 

1949 Taverna Margutta, Roma.

1967 Galleria Il Centro (con Mondino, Manzoni, Fontana, Nespolo), Torino.

1972 Mentone, IX Biennale d’Arte Francia.

1974 Ceramiche 2000, Albissole Marina.

1974 Galleria Centro, Brescia.

1975 Galleria Centro, , malignati con Arroyo, Angeli, Festa, Schifano, Mazoni, Christo, Mondino, Brescia.

          Salone d’Arte Grafica. New York.

1976 Galleria Centro d’Arte, (con Melotti, Fontana, Manzoni), Milano.

          Internazionale d’Arte, Colonia.

1976 Arte Fiera, presentato dalla Galleria Pancheri, con m. Milani, Hisiao Chi, V. Viviani e altri, Bologna.

1978 Grand Salon (con Garelli, Fontana, Jorn, Treccani), Bollene, Francia.

1978 Galleria G59, Napoli.

1978 Centro d’Arte Antiope, Sorrento, Napoli.

1979 Galerie Grey, Cannes, Francia.

1981 Arte Fiera, Bologna.

1981 Centro d’Arte e Cultura Il Brandale, Savona.

1981 Expo Arte, presentato dalla galleria G.S.2 di Caserta, padiglione personale e di gruppo con Picasso, Hartung, Magnelli, Mansouroff e altri.

 

1982 Arte Fiera, Bologna.

          EXPO Arte, Bari.

         “L’Artista e la ceramica”, Centro d’Arte, Milano.

1985 Galleria G.S. 2 presentazione Gruppo Minimo: L’Acqua, Malmignati, Nicastro, (catalogo con Saggio di Emilio Villa edito da La Bottega Grafica di casate novo Brianza, Como.

1992“G.U.I.I. Antonio e Aika Sapone” , con Hartung, Kijno, Mathie, Scanavino, Bellona, Caserta.

 

Nel 1974 il Catalogo generale ”Il Quadrato” gli ha dedicato la sovra copertina.

Nel 2000 “Arte 2000” dedica un servizio a Malmignati con Fontana, Scavino, Arroyo, Christo, Aubertain.

 

Hanno scritto:

 

G. Agnisola, Felice ballero, Germano beringheli; Giorgio Brizio, Carlo munari, Flavio Quarantotto, Luigi Serravalli, André Verdet, Emilio Villa.

 

Musei:

 

Dunkerque, Musée D’Art Moderne.

Venezia, Archivio della Biennale di Venezia.

Roma, Biblioteca nazionale.

Firenze, biblioteca Nazionale

Roma, Museo di arte Moderna.

Parigi, Museo di arte Moderna.

Amsterdam, Museo di arte Moderna.

Ancona, Archivio Arti Visive della Provincia di Ancona.

Sassoferrato, (AN), museo Civico

Ancona, Biblioteca Comunale

Cento (FE), Museo Brindisi

St. Paul de Vence (Francia)

 

 

Critica:

 

Scrive il Sindaco Stefano Parodi:

Basta entrare nel suo studio di villa Faraggiana per rimanere folgorati dalle opere di Mauro Malmignati. Una grande forza espressiva che quasi ti stordisce. Le sue opere polimateriche lasciano intravedere un percorso, non ancora concluso, carico di tensione

emotiva e di passione vera che, attraverso l’utilizzo di materiali innovativi, traccia una nuova via di espressione. La sua continua ricerca ha portato il maestro Malmignati, uomo di grande cultura e dotato di grande sensibilità e tecnica raffinata, a rompere tutti gli

schemi cercando l’essenzialità’ di un messaggio che parte dalle nostre origini, dal nostro profondo e comune sentire. A volte e’ la potenza dei colori a stupirci, a volte sono gli squarci nella materia o il sapiente utilizzo di simboli religiosi o pagani che ci inducono a riflettere su questo nostro mondo così lacerato, su di una umanità che cerca, da sempre, una ragione del suo stesso esistere.

Ringrazio gli organizzatori che sono riusciti a convincere il maestro ad esporre in Albissola e auguro la migliore riuscita della manifestazione

 

Scrive Fabio Lenzi Assessore alla Cultura:

Cinquant’anni ad Albissola Marina. Questa è la ricorrenza che Malmignati celebra con questa mostra, si è infatti trasferito nel 1957 nella “Libera Repubblica delle Arti” e da allora non l’ha più abbandonata. Sicuramente, per quel poco che conosco Mauro, le nozze d’oro con Albissola sono solo una tappa , e non un punto di arrivo, nel suo percorso artistico iniziato in quella mitica e affascinante città che è Roma. Malmignati è testimone di quell’epoca eccezionale che sono stati gli anni cinquanta e sessanta, vissuti fianco a fianco degli artisti che in quegli anni frequentavano Albissola e che sono entrati di diritto nella storia dell’arte. Mauro vive il suo essere artista in maniera discreta, nonostante un curriculum invidiabile, in quello splendido angolo che è il giardino su cui si affaccia il suo studio in Villa Faraggiana. E’ lì che, tra una chiacchierata e l’altra, attraverso i suoi racconti scopri aneddoti e curiosità di questi cinquant’anni insieme alle ragioni del suo percorso artistico tanto originale quanto intrigante. Ma puoi anche scoprire che il ritratto del Vescovo Calcagno, donato al Prelato quando ha lasciato la nostra Diocesi, è stato commissionato proprio a Malmignati. Credo che non ci sia modo migliore, se non questa mostra di opere recenti, per festeggiare al meglio le nozze d’oro fra Mauro e quella bellissima donna che è Albissola. Ed è anche per questo che l’Amministrazione Comunale ha patrocinato e sostenuto con entusiasmo quest’ evento sicura del suo successo e consapevole della sua importanza.

Scrive Miriam Cristaldi:

Il mondo contemporaneo a causa delle sue accelerate trasformazioni richiama un particolare sguardo antropologico che tenga conto di velocissimi ed irreversibili mutamenti dove l'idea di "progresso" - secondo cui il "dopo" consiste nella logica conseguenza di un "prima" - si è esaurita nel xx° secolo con la caduta delle speranze e delle illusioni dovute alle efferatezze delle guerre mondiali, alle politiche di genocidio (che chiaramente non presentano caratteristiche morali di un'umanità in evoluzione) con la consequenziale fine delle grandi narrazioni per privilegiare una realtà più a carattere performativo. Da qui nasce il dubbio di Fontenelle sulla storia come "portatrice di senso" e la riflessione altrettanto dubbiosa degli storici nel poter " fare di essa - come spiega bene l'antropologo francese Marc Augé - un principio di identità e di intelligibilità".

Ecco allora nella cultura contemporanea un affannoso e complesso muovere di ricerche antropologiche e psicologiche che riescono ad ". incontrare l'interesse del pubblico per le forme del passato; sembra che queste parlino ai nostri contemporanei di ciò che essi sono mostrando però, in realtà, ciò che essi non sono più" (Marc Augé).

D'altra parte stiamo vivendo una realtà in cui siamo testimoni diretti di una nuova era e la tecnologia digitale sta sradicando il nostro modo di pensare, di agire e di operare. In questo senso nascono nuovi modi di comunicare, nuove dimensioni a carattere virtuale mentre navigare in cyber-space è ormai pratica quotidiana, ma avverte Mc Luhan "la tecnologia ha esteso l'uomo in modo colossale e superumano, ma non ha fatto in modo che gli individui si sentissero importanti (.) i media tentano di ridurre tutti in piccoli uomini pur offrendo a tutti la possibilità di diventare superuomini", ed ancora: ". chiunque alla velocità della luce tende a diventare nessuno", ribadisce con forza Marshall Mc Luhan.

Allo stesso tempo la velocità dell'universo contemporaneo - nella consapevolezza umana - tende ad abolire il tempo e lo spazio e a far affiorare i fattori inconsci. Spiega meglio il filosofo Paul Virilio: "L'immaginario tecnoscientifico non ha smesso di ruotare attorno al concetto di sparizione: inesorabile messa in opera della spoliazione del Mondo, della sostanza del mondo vivente" per poi arrivare pericolosamente "ad una forma embrionale della materia e poter ricominciare dal punto zero della storia dell'arte" (Mircea Eliade 1963).

E proprio nel tentativo di codificare quello che ormai "non siamo più" e potere immaginare quello che "potrà essere" ci vengono in soccorso proposte artistiche quali antenne ipersensibili e premonitrici, capaci di catturare irresistibilmente il futuro (con l'occhio rivolto al passato) attraverso la creazione di una sorta di antropologia dell'altrove evocante apocalittici scenari di un probabile, non lontano, avvenire.

Un esempio ci potrebbe essere fornito dalla visione poetica di Malmignati (Roma '33, vive e lavora ad Albissola) che, in quest'epoca caratterizzata da implosive crisi societarie e da un crescendo di violenze belliche, avvia (da tempo) un processo iconoclasta per sedimentare una fisicità materica che rasenta la poetica dello sfregio dove corpi non reagenti si lasciano distruggere all'infuocato inseguimento di una morte/resurrezione, continuamente evocata e combattuta attraverso sfibranti moti sussultori di erezioni e sfondamenti. Fino a spingere sull'orlo del trauma, dello shok psicologico, della rottura e dell'abrasione. Passato e presente/futuro, pieno e vuoto, vicino e lontano, dentro e fuori, caducità ed eternità sono le oscillazioni proposte dall'artista quando "marchia a fuoco" la materia per polverizzare strutture, azzerare identità, divaricare lacerazioni, congiungere densità significanti, evocare spazialità "altre", oltrepassando la flessibile invisibilità del "muro del suono".  Prende così corpo una materia pericolosamente cruda, frutto di fusioni devastanti che assorbono in sé il senso di una realtà negata, azzerata, ancora sanguinolenta nei suoi resti fumanti. Qui la materia opera sulla destrutturazione della forma che non cessa di oscillare tra rimozione e resistenza, tra l'essere e il non essere creando un'imbragatura entro cui il linguaggio si fa scrittura per dare voce a bocche urlanti una realtà sempre più lontana dalla finzione, sempre più vicina al concetto di "day after", in particolare a quegli aspetti da rasatura di deserto da cui possono affiorare relitti di un'umanità in estinzione. Su questa trasfigurata visione, la fiamma divorante spalanca voragini, inabissa crateri, scarnifica forme, cesella abrasioni accumulando resti combusti da cui veicolare sguardi verso ombrosi accessi (differenti piani di passaggio) colleganti il retro con il primo piano (in rilievo) dando corpo a spazialità cellulari multiple, sconfinanti l'una nell'altra. Ma, allo stesso tempo fermentano escrescenze, ferite, sulle quali corre la morte, subito allontanata da carnalità epidermiche aperte al desiderio di fugarne la luttuosa presenza. Da numerose scalfitture fuoriescono, infatti, piccole gibbosità seminali, sferiche semenze, anfratti materici capaci di rimuovere lo schermo dell'opera per svelare il senso intrinseco d'un anelito ritrovato: germinazioni di speranza risucchiate e avvolte a bozzolo da increspanti concetti naturo-vitalistici, quasi a sottolineare formicolanti desideri di impeti energetici.

La materia trattata è di struttura fragile, povera, composta da sottili fogli di plastica, oggetti di rifiuto che qui, in accezione ossimorica, sanno assumere caratteristiche percettive di qualità opposta nella resa di solidissime parvenze metalliche (proprie del bronzo e dell'acciaio, dunque eterne), ottenute dalla funzione/finzione d'un avvolgente e corroborante derma-pittorico. Talvolta, in questo cosmo ribollente s'inscena la saga dei miti con riconoscibili, tra gli altri, quelli di religioni monoteiste, della pace o ancora della sinistra storica: segni precari svuotati di senso anch'essi sfregiati dalla furia devastante quali espressioni d'un rifiuto a salvarne l'essenza, smarrita nello smembramento di pallidi frammenti. Fisicità carnale, allora, come sentimento nostalgico riferito all'unità originaria perduta, che qui subisce, attraverso il riflesso dello schermo metallico, un ribaltamento sul piano del trascendente per fissarsi nell'olimpo dell'eterno, fuori dalle coordinate cartesiane.

Un percorso, questo, che bene si adattano anche le parole di Italo Tomassoni quando descrive il lavoro di Burri come opera ", che congela la violenza, che , scopre l'evento della differenza per diventare adiacenza crepuscolare tra giorno e notte. limite tra agonia e copula, immagine che nasconde e svela. luogo immobile dell'incessante mediazione".

Ma dal noto artista romano (frequentato a Roma negli anni giovanili), Malmignati prende le distanze, anche se il materiale povero usato è simile. Ciò che gli urge prefigurare come scena primaria è sì l'annuncio dionisiaco del "disastro universale", proprio quella stessa realtà che Paul Virilio suppone possa tragicamente "vacillare fino a cadere nel nulla elettronico"quando ipotizza "un'umanità a fine corsa" perché incapace di marciare al passo con l'universo tecnologico, ma il reale che Malmignati progetta (nei limiti e nelle forme di un'umanità in estinzione) si discosta dalla visione romana per la struggente presenza di un irresistibile desiderio di rinascita. Anelito intrinseco all'opera stessa, reso nella vivace simbologia naturalistica di boccioli germinali in attesa di possibili fioriture.

Anche gli affilati tagli di Fontana o i nodi e le atmosfere plumbee di Scanavino, possono qui lontanamente ritrovarsi nelle simbologie della ferita o in quelle di aggrovigliati residui combusti: segni e testimonianze di un'unica, straordinaria, stagione culturale vissuta appieno da Malmignati in comunione con questi ed altri artisti che hanno ruotato tra gli anni '50 / '60 ad Albisola, centro, coacervo e crogiuolo di grande effervescenza culturale.

Stagione artistica oggi risucchiata nel tempo omologante della globalizzazione sottoforma di grande abbraccio capace di avvolgere il mondo intero, che sa annullare le distanze come le differenze, ma che sa anche cancellare l'esistenza di queste piccole, uniche, preziose realtà. Tuttavia, nell'opera di Malmignati del secondo millennio - indicata sotto la terminologia di "Reperti" - si attua un processo di raffreddamento attraverso la mimesi metallica del bronzo e dell'acciaio che pittoriche lumeggiature enfatizzano in epici diaframmi al di fuori e al di là dell' opaca consistenza della materia. Quasi un principio d'ibernazione, questo, di delicato velo epiteliale che attutisce orrori, che smorza violenze per delineare un paesaggio luminescente nei suoi riflessi argenteo/dorati, e al contempo, immobile, separato dall'ordinaria quotidianità, per sforare in dimensioni "altre". Un paesaggio, questo, che va oltre il paesaggio stesso. Così come si blocca il flusso del respiro quando è colto da collassanti vertigini, allo stesso modo s'impenna un freno nel lavoro di Malmignati, sia questo pitto-bassorilievo o pitto-scultura a tutto tondo: la sottilissima polvere d'oro o d'argento tende a lenire le crudezze delle fusioni esorcizzando lo sgomento, sgombrando mortali scissioni, sgretolando affilati derma mentre nelle fessure e negli interstizi vi si depositano accentuate ombrosità che contribuiscono a rilevare, ammorbidendola, la complessa rete delle trame. Talvolta, nelle pieghe e nelle piaghe allargate, s'incunea una delicata colorazione a pastello che impreziosisce il lavoro richiamando alla mente certe raffinatezze (simulate) da mosaico medievale: gocce di pittura, tatuaggi-sindoni evocanti dilatate (e fantasmatiche) proiezioni d'un io frantumato rivolto nostalgico all'unità perduta.

Delicate cromie, appunto, che recuperano la tradizione pittorica (gratificante sul piano estetico) senza rifluire nella definizione canonica del "quadro", grazie alla concettuale consapevolezza della "citazione" postmoderna. Ma, al contempo, frammenti di pittura come isole galleggianti, cellule impazzite di un universo globalizzato quali fragili epidermidi capaci di esaltare il valore della superficie per sottolineare la sparizione del corpo dell'arte (l'arte istituzionale). Esteriorità della superficie, allora, nella complessità di una volteggiante strutturazione a ruota di pavone come convincente espressione della mutabilità della materia sulla mobile filigrana di una policromia spinta. Allo stesso tempo, curiose finestre digitali aperte alla visione parcellizzata di un sapere contemporaneo scisso nelle sue specializzazioni: una sorta di divisionismo della conoscenza. Concezioni elettromorfe che conquistano il futuro con rivisitazioni al passato nel "divisionismo" delle immagini digitali e di quelle dell'artisticità nel virtuosismo infinito delle forme.

 

 

"Possiamo dire che l'uomo oscilla tra una situazione di estremo arcaismo, anche creativo, e una situazione che capovolge addirittura la dinamica degli oggetti che lo circondano, terreni vergini infradisciplinari molto interessanti ai fini di ragionare su nuovi linguaggi." scrive Alessandro Mendini. Sembra allora di assistere ad uno scenario apocalittico che se da un lato sa avvertirci dei pericoli di un universo in crisi implosiva, dall'altro prospetta visioni capaci di raggiungere la sfera dello spirituale e, come dice Kandinsky (valido tuttoggi): " fra due limiti, astratto e reale, è compreso il numero infinito delle forme. Queste forme sono, per il momento, l'intero patrimonio di cui l'artista attinge tutti i singoli elementi delle sue creazioni". La dimensione elettronico-virtuale può collocarsi tra i due limiti.


Titolo opera: s.t.

Codice: 040A

Artista: Mauro Malmignati (1933)- Roma - Gruppo Minimo

Anno: 1962-1975

Nazione: Italia

Supporto: carta

Tecnica: disegno a china

Dimensioni: 14,5x14,5 cm.

Stile:  informale

Corrente artistica: contemporanea

Stato conservazione: macchie di muffa a sinistra importanti

Ubicazione opera originale: magazzino temp. Costante gradi 16/18 scatola 38x53 E

Descrizione: firmato dall’autore